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10 ERRORI COMUNI SULL’ ADVERTISING ONLINE FATTI DAGLI IMPRENDITORI

I 10 errori comuni sull’advertising online sono un modo per aiutarti a comprendere meglio le dinamiche del gioco. Leggi il decalogo delle situazioni più frequenti ma fuorvianti che fanno parte delle credenze comuni dei piccoli e medi imprenditori. 

Ho fatto una sponsorizzata e non mi ha portato nulla!

Il mio e-commerce non vende!

Queste sono le frasi che si sentono dire più spesso da quei piccoli, ma anche medi, imprenditori che sono ancora caustici rispetto alla digitalizzazione.

Perché non ha portato risultati la tua sponsorizzata?

I motivi possono essere centinaia, ma qui vorrei parlarti di quelli macroscopici e la differenza che c’è tra una campagna fatta da un marketer e quella fatta da te.

Per renderti la cosa più facile, ho pensato di fare una specie di decalogo dalla veloce lettura.

Ricorda che questo vuole essere uno strumento di approccio al digital marketing, qualcosa che ti metta nelle condizioni di capire e rapportarti coi professionisti del settore. Non è un manuale tecnico formativo o un corso. Per questo il tono è colloquiale, proprio perché ti sarà utile in sede di “colloquio”.

Partiamo?

10 ERRORI COMUNI SULL’ ADVERTISING ONLINE BASATI SU FALSE CREDENZE

 

  1. ENTUSIASMO: Ma come? Come può essere l’entusiasmo un ostacolo?

 

Lascia che ti spieghi.

 

Maggiore è l’entusiasmo nel momento in cui per esempio decidi di andare live col tuo e-commerce, maggiori sono le aspettative di un immediato ritorno.

 

L’uscita di una nuova piattaforma di vendita, presuppone un lungo periodo di studio, di analisi e strategia che ha dei costi importanti e che vedrai coperti solo se la pianificazione finanziaria e lo studio progettuale, legato anche ai margini di contribuzione dei prodotti che vendi, hanno un senso.

 

Oggi, aprire un negozio online, ha le stesse dinamiche dell’aprire un’attività tradizionale.

 

I costi non sono ancora parificati, ma la concorrenza aumenta ed è sempre più agguerrita, la necessità di investimento in advertising (pubblicità) sempre più forte e i ritorni si riducono.

 

Allora non vale la pena?

 

Non ho detto questo.

15 anni fa a fare una campagna advertising c’erano pochissime realtà e quindi i numeri diventavano importanti.

 

Bastava mettere un prodotto online, identificare una nicchia ampia di persone che avevano attitudine all’acquisto online e che cercassero il tuo prodotto e il gioco era fatto (più o meno).

 

Uscivano fuori campagne da 15X (per ogni euro investito sulla piattaforma, ne entravano 15).

 

Oggi?

Tutto è cambiato, anzi si è evoluto. Una campagna che va una bomba, ti può portare 6X, ma affinchè la si possa considerare profittevole, bisogna capire quando si arriva al break even point o a ROI (pareggio costi ricavi o ritorno sugli investimenti), conoscendo i costi variabili, i costi dei professionisti (eh sì perché per arrivare a 6X ci vogliono professionisti in gamba) e i margini che hai su ciò che vendi.

 

  1. Factotum. Non puoi pensare di fare tutto tu, anzi, delega con sale in zucca.

Se non usi o non sai usare per esempio il business manager di Facebook e vuoi fare una sponsorizzata o non conosci le dinamiche per intercettare i tuoi utenti, i risultati non arriveranno. Devi partire da obiettivi di base del tuo business da tradurre poi in obiettivi di campagna, ma anche qui, se non hai dimestichezza, meglio affidarsi a un professionista. (nb: ogni piattaforma che “vende” spazi pubblicitari, ha uno strumento di gestione dal quale poter controllare le proprie campagne, il business manager appunto. Tendenzialmente è abbastanza complesso e per facilitare la strada, spesso viene messa a disposizione una scorciatoia semplificata per non addetti ai lavori che porta però a discutibili risultati come per esempio la possibilità di sponsorizzare direttamente in piattaforma. Ci sono meno funzioni e meno efficacia)

 

  1. Vendo ergo guadagno.

Voglio aumentare il fatturato!

Sai quante aziende mi chiedono questo ponendolo come obbiettivo aziendale?

 

Ora dimmi. Conosci qualche azienda che parte per diminuire il proprio fatturato?

 

Già solo da questa domanda appare chiaro che il fatturato non può essere un obiettivo, anche perché non necessariamente coincide con “utili” o “profitti”.

 

Ciò che conta sono dunque i margini sulle vendite (in caso di e-commerce) o del valore che dai a ciascun contatto (in caso non abbia un e-commerce ma voglia portare la clientela ad acquistare i tuoi servizi o prodotti offline). Si entra qui nel magico mondo delle KPI, o indicatori di risultato, un mondo tanto caro ai marketers che ti parlano di: cpm, cpc, cpa e altri acronimi spesso sconosciuti agli imprenditori.

 

Metriche utilissime ma delle quali la maggior parte delle volte per te sono solo sigle senza significato.

 

Mentre stai progettando la tua uscita online col tuo negozio o con la tua nuova attività, cerca di capire quali sono i tuoi reali obbiettivi aziendali (aumentare l’immagine, trasferire i tuoi valori alla tua community, diventare leader nella tua nicchia etc.) e potrai valutare se, in fase di redazione della strategia, il consulente sta centrando ciò che cerchi.

 

  1. Vendo ergo guadagno 2.0

Senti spesso questa parola ma non ne hai capito il vero significato.

Ne parlerò più avanti andando un po’ più nel dettaglio.

Qui ti dico che l’imbuto (funnel) è un modo per capire dove si trova un tuo potenziale cliente nel suo percorso decisionale e capire quali strumenti e idee comunicative applicare per portarlo all’acquisto del tuo prodotto/servizio.

Perché ne faccio un accenno qui tra gli errori?

Una volta si diceva:” Il cliente ha sempre ragione”.

Questa buona pratica è poi passata di moda facendo spazio all’arroganza.

Quante volte ti sarà capitato di trovare scortesia, servizio pessimo, mancanza di professionalità e, ciò che è ancora peggio forse, di sentirti trattato come un numero.

Per fortuna si sta ritornando alla centralità del cliente.

Nel funnel marketing di qualche tempo fa, il ciclo finiva al momento della vendita.

Oggi invece l’accento si è spostato tantissimo sul post vendita e sul servizio.

Il cliente deve essere necessariamente coccolato, rimborsato, assistito, ascoltato, viziato, anche se il margine, nel caso in cui abbiamo il minimo dubbio di essere noi i responsabili del malfunzionamento del servizio, dovesse risentirne.

Ma allora mi devo mettere in mutande per il cliente?

Ni.

Nella gestione dei tuoi clienti, ma anche di coloro che possono diventarlo potenzialmente, devi tenere a mente che:

  1. Un solo feedback negativo, soprattutto all’inizio, potrebbe compromettere ogni cosa. Nel web questo tipo di “marchiatura” rimane indelebile.
  2. Se un cliente è soddisfatto, ritorna e riacquista, ma se è anche curato nel post vendita, allora fa anche da volano su altre persone, sulla sua community ed è disposto anche a fare qualcosa per te come generare contenuti col tuo prodotto/servizio.
  3. Spedizione e customer care, velocità di risposta e servizio, fanno parte integrante della tua catena del valore.
  4. Se il servizio che ruota intorno al tuo prodotto è di eccellenza, il potenziale cliente ti perdona un errore e ti rimette di nuovo alla prova. Dunque avrai la possibilità di far diventare un momento di crisi un’opportunità.

Vuoi un esempio?

Amazon: il marketplace più grande del mondo, un luogo dove puoi acquistare ogni cosa. Ma i prezzi?

Bè non sono propriamente i migliori sul mercato e i prodotti non sempre di qualità.

Hai mai fatto caso su cosa basa il suo business, quali sono i punti di forza sui quali fa leva e per i quali tu stesso/a ti fidi?

Velocità di spedizione e possibilità di reso veloce e gratuita.

Questo si traduce in un acquisto che mette al sicuro i tuoi soldi e il tuo acquisto in generale.

 Cos'è il funnel

  1. Cambia prospettiva.

Molto spesso facciamo fatica a metterci nei panni dei nostri clienti.

Pensiamo a prescindere che il nostro prodotto/servizio vada bene per chiunque o che non abbiamo concorrenti.

Niente di più sbagliato.

Mettiamoci nelle condizioni di essere scelti e di non imporre il nostro prodotto ma accarezzare il desiderio del cliente spingendo sui benefici.

 

  1. Struttura, struttura, struttura. Così potrai sostenere i periodi in cui c’è il calo del business fisiologico.

 

  1. Con 20 euro di budget faccio il botto.

Sì, ma per chiudere.

E-comemrce e advertising in generale hanno bisogno di idee vincenti ma anche di budget che le sostengano adeguatamente.

Come vedremo più avanti, con l’investimento su piattaforme social ads o Google, di fatto, ciò che acquisti non sono clienti, ma soprattutto dati che, se adeguatamente interpretati e trattati, consentono quelle ottimizzazioni che portano i risultati attesi.

Se il budget non è adeguato, le macchine ci mettono più tempo a raccogliere dati e a distribuire la tua pubblicità alle persone più adatte, tu ne hai meno di tempo per analizzare e le conversioni impiegheranno troppo a realizzarsi.

 

  1. Per me valgono solo le vendite e l’advertising va bene solo per gli e-commerce.

Sai cosa si intende per lead generation?

Molte aziende non lo sanno e non ne capiscono il valore.

Per lead generation si intende la capacità che ha l’azienda attraverso la comunicazione di generare contatti profilati, cioè raccogliere dati strutturati di potenziali clienti in target col proprio business.

Ogni email, se ben nutrita (mail nurturing), ha un valore potenziale enorme. Ogni contatto su cui poter fare follow up telefonico (mi lasci il contatto telefonico e cerco di capire di cosa hai bisogno) o alimentare l’interesse verso la tua attività attraverso email con contenuti di valore, ti porteranno risultati straordinari e saranno la tua base solida su cui poter contare per le tue pianificazioni.

Dunque, anche se non hai un e-commerce, è fondamentale fare ads tali da poter scalare il mercato, imporsi e diventare riconoscibili.

 

  1. Le sponsorizzate sono inutili per il mio business.

Hai ragione. Anzi di dirò di più, le sponsorizzate sono inutili per qualsiasi business…

 

se dietro non c’è una strategia, un’analisi del mercato, una strategia a livello aziendale che poi viene tradotta in strategia digitale;

 

se non si riescono a intercettare i propri potenziali clienti;

 

se non si entra nell’ottica dell’investimento;

 

se non si fa advertising in maniera sostenibile.

 

  1. Il mio prodotto è il migliore, basta questo e l’investimento sulle piattaforme per vendere.

 

Magari fosse vero.

 

Invece la proposta è tanta, i concorrenti diretti e soprattutto indiretti fanno il loro gioco, i costi delle piattaforme aumentano.

 

Quello che fa la differenza è la ricerca per le tue creative, ossia per i contenuti che fai vedere a livello video e grafica, la capacità di scrivere in un certo modo che dimostra la conoscenza dei tuoi potenziali clienti, la capacità di essere attrattivi nelle proprie schede prodotto, la storia che riesci a raccontare di te, di come produci, dei tuoi valori, delle tue motivazioni.

In buona sostanza, sia per fare un e-commerce che per spingere la tua attività nel caso non abbia un negozio online, fare advertising è estremamente utile e impattante, ma lo diventa nel caso in cui dietro ci sia una strategia solida.

Il teorema “visto e piaciuto” non esiste più.

Anche online va creata una forte credibilità, costruita un’identità del tuo brand e ricreata una riconoscibilità che si basa sui tuoi valori.

A proposito di valore: non sono le vendite il valore del tuo business, ma ne sono solo la fase quasi conclusiva (dico quasi perché poi c’è il post vendita).

I contatti, la tua notorietà, il tuo posizionamento, sono capitali molto più grandi da alimentare affinchè le vendite si inseriscano in un meccanismo consequenziale.

Il lavoro dietro una campagna è oneroso in termini di sforzi da dedicarvi e nei prossimi capitoli, per farti capire meglio come vengono affrontati i singoli pezzi del puzzle di una strategia, li andremo ad approfondire, sempre mantenendo una colloquialità che li renda digeribili.

 

 

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